Modena

Nelle fonti le prime notizie su Modena risalgono alla guerra tra Romani e Boi che abitavano nell’area.

Il centro fungeva da presidio militare anche prima della fondazione ufficiale della città da parte dei romani.

La città, infatti, è stata ritualmente fondata nel 183 a.C., come colonia di diritto romano, dai triumviri Marco Emilio Lepido, Tito Ebuzio Parro e Lucio Quinzio Crispino i quali condussero da Roma duemila cittadini.

Dal VI secolo Modena è una città ducale del Regno Longobardo al confine con i possedimenti dell’Impero romano d’oriente cioè l’Impero bizantino.

Come la maggior parte dei comuni lombardi nel 1167 Modena aderisce alla Lega Lombarda contro Federico Barbarossa.

Dal 1598 al 1859 fu capitale del Ducato di Modena e Reggio ed è un’antica sede universitaria ed arcivescovile.

Nel 1757 il Duca Francesco III d’Este fondò l’Accademia militare per la formazione degli ufficiali dell’esercito Estense con sede nel palazzo ducale.

Con l’unità d’Italia il Palazzo Ducale fu sede della Scuola militare del sabaudo Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele II, poi Regno d’Italia, evolutasi nei decenni fino a divenire nel 1947 Accademia Militare dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri.

Modena ha conosciuto la realtà di un forte terremoto nel maggio 2012.

Ci furono due scosse principali a distanza di nove giorni l’una dall’altra della magnitudo 5,9 e 5,8, entrambe con epicentro nella bassa pianura padana della provincia tra i 20 e i 35 chilometri dalla città.

Il sisma ha distrutto i comuni vicini all’epicentro.

Modena non ha avuto danni importanti se non leggere lesioni in alcune vecchie chiese tra cui il Duomo, soprattutto in seguito alla seconda scossa da 5,8.

Anticamente fu un insediamento etrusco, poi gallico (Galli Boi).

Nel 183 a.C. venne fondata come colonia romana da mille cives provenienti da Roma guidati dai triumviri Marco Emilio Lepido, Tito Ebuzio Parro e Lucio Quinzio Crispino.

Divenne capoluogo dell’ex Gallia cisalpina e sede del governatore per due secoli.

Successivamente Modena venne abbandonata fra il V e il VII secolo, causa le numerose inondazioni dei fiumi Secchia e Panaro, gli abitanti si rifugiarono nel vicino borgo più a ovest, Cittanova.

Tornò a ripopolarsi gradualmente intorno alla sede vescovile, che aveva assunto la guida della città e il vescovo Leodoino la fece cingere di mura nell’891.

Durante la signoria dei vescovi, venne eretta la nuova cattedrale.

Il potere vescovile ebbe termine con l’autonomia comunale nel 1135 ma, nel 1249, con la battaglia di Fossalta, Modena ghibellina venne sconfitta da Bologna guelfa facendo tornare al potere il partito filovescovile degli Aigoni capitanato dal vescovo Alberto Boschetti, nel 1288, si consegnò agli Estensi di Ferrara.

Il 15 novembre 1325 nella battaglia di Zappolino Modena inflisse una pesante sconfitta ai bolognesi fino a giungere sotto le mura della città delle due torri e ad assediarla.

Dopo una settimana i modenesi tolsero l’assedio e tornarono in città portando come trofeo un secchio di legno sottratto da un pozzo fuori porta San Felice, la “Secchia Rapita” che divenne spunto per l’omonimo poema eroicomico del poeta modenese Alessandro Tassoni.

Modena diventò veramente la “città estense” solo dopo il 1598, quando il duca Cesare trasferì da Ferrara a Modena la capitale del suo ducato.

Uno Stato destinato a barcamenarsi con alterne fortune nelle lotte tra le potenze italiane ed europee, e che malgrado le ripetute occupazioni da parte degli eserciti stranieri (i francesi nel 1702; gli austriaci nel 1742) resisterà fino all’unificazione dell’Italia, con una sola interruzione nel periodo napoleonico.

A questo periodo risalgono le enormi spoliazioni napoleoniche del ducato di Modena, collezioni di opere d’arte, beni archivistici e librari, ma anche la collezione glittica degli Este.

Durante l’occupazione francese, diverse opere d’arte presero la via della Francia.

Secondo il catalogo pubblicato nel Bulletin de la Société de l’art français del 1936, delle 20 opere d’arte provenienti da Modena e inviate in Francia nel giugno 1796, solo 10 fecero ritorno in Italia dopo il Congresso di Vienna, mentre delle 30 opere d’arte rastrellate nell’ottobre del 1796, solo 11 fecero ritorno.

Il Risorgimento poté contare su larghe adesioni fra i Modenesi, tra cui Ciro Menotti e i numerosi gruppi mazziniani e carbonari della città che votarono compattamente per l’Unità d’Italia nel Plebiscito del 1860.

Tra fine Ottocento e inizio Novecento l’Emilia (e in particolare la provincia di Modena) divenne un baluardo socialista prima e comunista poi.

Il fenomeno dell’occupazione delle terre fu molto forte e si scontrò con la violenza fascista.

Dopo il settembre 1943, Modena e i suoi comuni dovettero sopportare umiliazioni ad opera degli occupanti tedeschi e della milizia fascista.

Nonostante la repressione, la Resistenza ebbe, con alterne vicende, una presenza sempre attiva nel territorio.

Dopo la guerra quella zona che per i vent’anni del regime veniva chiamato “Il Triangolo Nero” (in quanto completamente controllato dai fascisti) prese il nome di “Triangolo Rosso” o “Triangolo della morte”.

Tale denominazione viene usata da diversi storici per ricordare le circa 2000 uccisioni di civili e militari perpetrate, dopo la caduta del regime fascista e particolarmente nel biennio 1946-1948, da alcune brigate di ex-partigiani comunisti che si erano dati il nome di “Gruppi d’Azione Partigiana” (GAP), come rappresaglia contro chi veniva ritenuto compromesso con il regime.

Il 9 gennaio 1950, sei operai vennero uccisi dai carabinieri nell’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena, avvenuto durante una manifestazione che chiedeva la riapertura delle Fonderie Riunite.

Negli anni del dopoguerra Modena conosce con il boom economico un periodo di benessere senza precedenti.

Il successo della città è legato soprattutto all’affermarsi di piccole industrie dai prodotti unici al mondo, come Ferrari o Maserati o Panini, o come i poli ceramico di Sassuolo, tessile di Carpi e biomedicale di Mirandola, e alla valorizzazione dei prodotti tipici della regione.

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